Lubrificanti per Autoveicoli – Caratteristiche, classificazioni e omologazioni

Cos’è un lubrificante e a cosa serve?

Il lubrificante è un fluido adatto, in genere un olio o un grasso, più raramente un altro liquido ed eccezionalmente può essere un gas, interposto fra due superfici a contatto di strisciamento con lo scopo di diminuirne l’attrito.
Lo strisciamento di superfici asciutte deve essere evitato perché comporta di regola l’usura e l’asportazione di materiale per unità di tempo, proporzionale alla forza applicata e alla pressione di contatto.

Poiché l’interposizione di un lubrificante diminuisce il coefficiente di attrito, riduce la potenza dissipata, e migliora il rendimento, nel caso del motore di un’auto ne diminuisce anche la temperatura, oltre a rendere trascurabile il logoramento delle parti in movimento.
Ciò spiega anche perché una lubrificazione inadatta possa portare danni assai gravi, fino alla messa fuori uso del sistema in pochi secondi.

Un lubrificante opera normalmente secondo due distinti meccanismi di azione, uno chimico fisico, l’altro più propriamente fisico.

Azione Chimico-Fisica

Le molecole del lubrificante, costituite generalmente da lunghe catene di atomi di carbonio, sono in grado di aderire con una loro estremità alle superfici metalliche affacciate.
Questa proprietà prende il nome di “untuosità” e dipende dalla costituzione “polare” (ricordatevi la polarità della batteria e vi riesce chiaro il concetto) delle singole molecole e determina la formazione di strati di spessore monomolecolare chiamati “epilamine” che, fortemente aderenti alle superfici in movimento, ne impediscono il contatto diretto interponendosi fra loro.

L’untuosità è posseduta in maniera maggiore o minore da tutti gli oli e i grassi, essa può venire esaltata mediante l’aggiunta di sostanze particolari denominate “additivi“.
In tal modo si sostituisce l’attrito diretto delle superfici asciutte con l’attrito, enormemente inferiore, delle epilamine affacciate.

Comportamento analogo è presentato da alcuni solidi particolari, (es. Solfuro di Molibdeno, Grafite) ai quali l’aderenza alle superfici metalliche e la sfaldabilità del reticolo cristallino che li compone, conferisce loro caratteristiche “untuose“.

Lubrificazione Forzata

Per quanto il coefficiente di attrito interno di un olio sia basso, esso non si annulla mai, e cresce con il crescere della velocità relativa delle superfici affacciate. Ne consegue una dissipazione di potenza che si trasforma in calore ceduto parzialmente al lubrificante.
La viscosità dei lubrificanti diminuisce notevolmente con la temperatura e questo comporta a parità di tutte le altre condizioni la diminuzione dello spessore dello strato lubrificante, detto “meato“.
Se lo spessore diminuisce fino a ridursi a meno del doppio delle microscopiche irregolarità superficiali, le superfici entrano in contatto diretto fra loro ad alta velocità, ne consegue uno sviluppo di calore localizzato che distrugge le epilamine di olio, fino a provocare una saldatura locale delle superfici metalliche a contatto. Questo fenomeno è ben conosciuto dagli Autoriparatori col nome di “grippaggio“.
Per evitare questi inconvenienti si agisce in due direzioni:
1 – aggiungendo al lubrificante particolari additivi che rendono la viscosità meno variabile con la temperatura (oli multigradi);
2 – favorendo il rapido ricambio del lubrificante dalle zone più a rischio, affinchè possa smaltire rapidamente il calore senza sopraelevare eccessivamente la sua temperatura.

Quest’ultimo scopo si raggiunge con la lubrificazione forzata mediante pompaggio, pur variando di tipologia, le pompe generano pressioni variabili da 1,5 – 4 bar.

Da cosa è composto un lubrificante

Il petrolio grezzo è la principale fonte di oli lubrificanti, è infatti possibile produrre con processi di distillazione e raffinazioni di frazioni alto bollenti una vasta gamma di liquidi aventi pesi molecolari tra 150 e oltre 1000, e viscosità tale da renderli adatti ad ogni impiego, dal motore a scoppio, a gruppi di ingranaggi sottoposti a carichi elevati e di strisciamento (es. cambi e riduttori).
Studi effettuati dall’API (American Petroleum Institute) e da altri organismi hanno stabilito che le frazioni del petrolio grezzo sono costituite da una miriade di composti, tipo idrocarburi paraffinici, aromatici, eterociclici e così via, ma quelli che interessano per la lubrificazione sono i saturi, privi però di paraffina solida, e i mono aromatici, che permettono di ottenere lubrificanti stabili termicamente e resistenti alla ossidazione.
Attualmente la distillazione avviene sotto vuoto e si separano le frazioni desiderate aventi viscosità e intervallo di ebollizione prescelto. Le frazioni distillate vengono poi raffinate mediante estrazione con solventi, eliminando l’indesiderato e le paraffine alto bollenti che impediscono di avere oli adatti all’impiego a basse temperature.

Viscosità degli olio motore

Per comprendere la funzione d’uso di un lubrificante è indispensabile introdurre il concetto di viscosità, una delle caratteristiche fondamentali degli oli lubrificanti. La viscosità di un fluido è una proprietà chimico-fisica estremamente importante per tutti i fluidi, non solo per gli oli motore. La viscosità viene definita come la resistenza interna di un fluido, ovvero quanto questo si oppone al proprio scorrimento.

Immaginiamo due superfici sovrapposte ed in movimento relativo che vengano attraversate da un fluido il quale scorre nel “meato” (definito come l’area tra due superfici d’attrito) disponendosi in più strati sovrapposti. Durante il movimento lo strato più in basso rimane fermo, mentre gli strati più in alto scorrono con velocità sempre maggiore raggiungendo al livello più alto, la stessa velocità della superficie in movimento. Negli strati più in basso la velocità scende progressivamente perché ogni singolo strato tende a frenare quello superiore e contemporaneamente a trascinare quello inferiore. Questo movimento di strati porta ad una graduale diminuzione di velocità ed assorbe tanta più energia quanto maggiori sono gli attriti interni che si verificano nel fluido che è in moto di scorrimento. Quindi, maggiore sarà la resistenza interna di un fluido, maggiore sarà l’energia assorbita durante il movimento e di conseguenza maggiore sarà la viscosità.

Spesso il concetto di viscosità viene confuso con quello di densità, che è invece il peso specifico del fluido (kg/litro). Rispetto all’acqua un olio motore è più viscoso (nel senso che è meno scorrevole), ma è anche meno denso (cioè è più leggero: infatti, se versiamo dell’olio motore in un bicchiere contenente acqua, tende a galleggiare).

Lo strumento necessario per misurare la viscosità è il viscosimetro.
Viene misurato il tempo che, una determinata quantità d’olio, impiega per scorrere attraverso un capillare immerso in un bagno di fluido, a temperatura stabilita.
A parità di temperatura non tutti gli oli si comportano in ugual maniera. Questo comportamento, definito per l’appunto “viscosità” dipende:

  1. dalla temperatura: all’aumentare di questa la viscosità diminuisce e viceversa;
  2. dall’indice di viscosità: è un parametro che indica il cambiamento della viscosità al variare della temperatura. Più questo parametro è alto e meno il lubrificante è sensibile al variare della temperatura. Tale parametro si attesta intorno al valore di 100 per gli oli c.d. ”monogradi” e può superare 160 per quelli c.d. “multigradi”.

La tabella SAE J300 (Society of Automotive Engeneers) classifica gli oli motore in base alla viscosità, e non tiene conto di altre performance del lubrificante, le quali sono invece stabilite dalle specifiche internazionali (API, ACEA) e dalle omologazioni dei singoli Costruttori.

Il primo numero della classificazione seguito dalla lettera “W” (Winter) indica il “comportamento invernale”, ovvero a bassa temperatura, del lubrificante, mentre il secondo indica quello “estivo”, ovvero ad alta temperatura.

Si definisce “monogrado” un olio che garantisce una sola prestazione, a freddo o a caldo, indicata nella tabella, es. SAE 10, SAE 30, SAE 50, ecc.

Un olio “multigrado” garantisce invece sia una prestazione a bassa temperatura che una ad alta temperatura, es. SAE 5W30, SAE 10W40, SAE 15W40, ecc.

La scelta della viscosità di un lubrificante va operata tenendo in considerazione sia la temperatura minima di funzionamento del motore che quella massima; è fondamentale scegliere un olio che resti sufficientemente fluido a bassa temperatura (Winter) per garantire un facile avviamento, ma che, nel contempo, assicuri un mantenimento soddisfacente della viscosità quando il motore è sotto sforzo.

Gli oli motore utilizzati al giorno d’oggi sono praticamente tutti multigradi, gli oli monogradi sono usati generalmente quando la temperatura di impiego varia poco (es. motori stazionari).

Specifiche degli oli motore

La viscosità non è indice di prestazione di un lubrificante, ma ne indica semplicemente le caratteristiche di scorrevolezza. Le indicazioni che ci permettono di stabilire le reali performance del nostro lubrificante solo le specifiche internazionali, API ed ACEA, e le omologazioni dei singoli Costruttori, da questi emanate per soddisfare particolari esigenze dei loro veicoli.

Le specifiche servono a classificare i lubrificanti in base alle prestazioni, alla composizione e all’impiego a cui sono destinati. Ma cosa vuol dire soddisfare una specifica? Significa garantire almeno il livello minimo di qualità richiesto dalla specifica, ovvero il superamento di tutti i test motoristici previsti dalla stessa.

L’API

La API (American Petroleum Institute), definisce per gli oli motore due categorie identificate con una sigla di due lettere. La prima lettera distingue il tipo di motore a cui è destinato: “S” sta per Service, motore a benzina, “C” sta per Commercial, motore Diesel. La seconda lettera indica invece la severità dei test previsti e quindi il livello prestazionale: più la lettera è avanti nell’alfabeto, maggiori saranno le performance. In linea di principio, dunque, una specifica API più recente (e quindi più severa) soddisferà anche le precedenti. Attualmente siamo ad API SM per i motori a benzina e ad API CI-4 per i motori Diesel (il 4 indica motore Diesel 4 tempi). In particolare: API SN: è stata introdotta nel Ottobre 2010 e prevede test per verificare maggiore resistenza all’ossidazione, protezione dai depositi, miglior protezione dall’usura e performance a bassa temperatura e l’attitudine Fuel Economy.

API CJ-4: introdotta nel 2010, prevede test per verificare la compatibilità del lubrificante con sistemi di ricircolo dei gas di scarico (EGRLa valvola Egr (Exaust gas recirculation – ricircolo dei gas…), e con altri sistemi di controllo dei gas di scarico. I lubrificanti appartenenti a questa categoria forniscono ottima protezione contro l’usura, controllo della fuliggine (soot control) e depositi sui pistoni, e mantenimento della viscosità. E’ un olio adatto a gasoli a basso contenuto di zolfo (0,05%).

Le prove a cui viene sottoposto il lubrificante tengono in considerazione la ricerca di performance motoristiche, l’allungamento degli intervalli di cambio olio, l’aumento di temperatura dell’olio in servizio, la riduzione del consumo di carburante (c.d.”Energy Saving”) ottenuta grazie a lubrificanti a bassa viscosità (XW20, XW30).

L’ACEA

La ACEA (Associazione dei Costruttori Europei di Automobili) è nata nel 1996 in seguito alla fusione tra CCMC (Comitato Costruttori del Mercato Comune) e ATIEL (Associazione Tecnica dei Produttori Europei di Lubrificanti). Le specifiche ACEA sono nate per ottenere un livello qualitativo più affidabile, prestazioni più elevate, gestione d’esercizio semplificate e maggior rispetto ambientale nelle nuove motorizzazioni.
L’adozione di specifiche ACEA comporta:

  • l’introduzione di nuove formulazioni con materie prime innovative rispetto a quelle utilizzate per le stesse destinazioni d’uso
  • l’analisi e la certificazione delle prestazioni di ogni singola formula utilizzata
  • vincolo da parte del produttore a non cambiare i componenti della formula già certificata
  • certificazione ISO 9001/2 degli impianti di produzione
  • osservanza da parte del produttore delle norme ATIEL, l’ente che insieme al Comitato dei Produttori di Additivi ha definito metodologia e parametri alla base della certificazione ACEA.

La classificazione prevede 4 differenti standard a seconda del tipo di motorizzazione e di impiego ed è composta da una lettera indicante la diversa tipologia di motore e da un numero riportante i diversi usi e applicazioni all’interno di una determinata classe, legata a più livelli di performance. Le cat. “A” (motori benzina) e “B” (motori Diesel) sono dedicate al veicolo leggero. La neonata cat. “C” (Catalyst Compatible), è sempre dedicata alle “passenger cars”, con in più la richiesta compatibilità del lubrificante con i sistemi di post-trattamento dei gas di scarico comparsi sulle vetture di ultima generazione. La cat. “E” è invece dedicata ai motori Diesel dei veicoli industriali (Trucks, macchine TP, ecc.). A differenza di quanto avviene con le specifiche API, una categoria numerica più elevata non necessariamente significa maggiori performance, occorre pertanto fare riferimento a quanto indicato sul libretto di uso e manutenzione del veicolo. Talvolta può capitare di vedere indicato l’anno della sequenza (es. ACEA B4-02): esso è però da intendersi solo per usi industriali, in quanto una nuova indicazione, pur significando nuovi test o parametri, rientra comunque nella categoria rimanendo compatibile con le applicazioni precedenti. In caso contrario sarebbe necessario inserire una nuova categoria. Soddisfare una specifica ACEA significa, oltre che superare una lunga serie di test motoristici: – certificare ogni singola formula utilizzata, che deve essere depositata presso l’Ente, ed il vincolo, da parte del Produttore, a non cambiarne i componenti; – disporre delle certificazioni ISO 9001/2 (per i siti produttivi); – l’osservazione delle norme ATIEL, l’Ente che ha definito metodologia e parametri alla base delle certificazioni ACEA. L’ultimo aggiornamento delle specifiche ACEA risale al dicembre 2010.

Le definizioni delle categorie sono le seguenti:

A/B: oli per motori benzina e Diesel

  • A1/B1 : oli a bassa viscosità e basso HT/HS (>2,6<3,5 mPa.s), con caratteristiche Fuel Economy. Questi oli possono non essere adatti in alcuni motori. Verificare il libretto di uso e manutenzione del veicolo.
  • A3/B3 : oli stabili adatti per l’utilizzo in mezzi ad elevate prestazioni, impiego severo e prolungati intervalli di cambio.
  • A3/B4 : oli stabili adatti per motori Diesel di autovetture e veicoli commerciali con iniezione diretta. Soddisfano anche i requisiti previsti dalla A3/B3.
  • A5/B5 : oli stabili a bassa viscosità e basso HT/HS (>2,9<3,5 mPa.s), con caratteristiche Fuel Economy. Adatti per un utilizzo severo e lunghi intervalli di cambio. Prevedono prestazioni più elevate rispetto ad A1/B1. Il livello B5 prevede lo stesso livello prestazionale del B4, con in più specifici test per attestare le caratteristiche Fuel Economy. Questi oli possono non essere adatti in alcuni motori. Verificare il libretto di uso e manutenzione del veicolo.

C: oli compatibili con i sistemi catalitici

  • C1 : oli stabili per motori di recente tecnologia dotati di sistemi di post-trattamento dei gas di scarico. Caratteristiche Extra Fuel Economy, Low Saps (tenore in ceneri < 0,5%) e viscosità HTHS min. 2,9 mPa.s.
  • C2 : oli stabili per motori di recente tecnologia dotati di sistemi di post-trattamento dei gas di scarico. Caratteristiche Fuel Economy, Mid Saps (tenore in ceneri < 0,8%) e viscosità HTHS min. 2,9 mPa.s.
  • C3 : oli stabili per motori di recente tecnologia dotati di sistemi di post-trattamento dei gas di scarico. Caratteristiche Low Fuel Economy, Mid Saps (tenore in ceneri < 0,8%) e viscosità HTHS min. 3,5 mPa.s.
  • C4 : oli stabili per motori di recente tecnologia dotati di sistemi di post-trattamento dei gas di scarico. Caratteristiche Extra Fuel Economy, Low Saps (tenore in ceneri < 0,5%) e viscosità HTHS min. 3,5 mPa
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